Pagina:Iliade (Monti).djvu/471

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138 iliade v.489

Terribile conflitto, e senza posa
Fino al tramonto della luce. A tutti490
Dissolve la stanchezza e gambe e piedi
E ginocchia; il sudore a tutti insozza
E le mani e la faccia; e quale, allora
Che a robusti garzoni il coreggiaio
La pingue pelle a rammollir commette495
Di gran tauro; disposti essi in corona
La stirano di forza; immantinente
L’umidor ne distilla, e l’adiposo
Succo le fibre ne penétra, e tutto
A quel molto tirar si stende il cuoio:500
Tale in piccolo spazio i combattenti
Gareggiando traean da opposti lati
Il cadavere, questi nella speme
Di strascinarlo entro le mura, e quelli
Alle concave navi. Ognor più fiera505
Sull’estinto sorgea quindi la zuffa,
Tal che Marte dell’armi eccitatore
Nel vederla e Minerva anche nell’ira
Commendata l’avría. Tanta in quel giorno
Di cavalli e d’eroi Giove diffuse510
Sul corpo di Patróclo aspra contesa.
   Nè ancor del morto amico al divo Achille
Giunt’era il grido: perocchè di molto
Dalle navi lontana ardea la pugna
Sotto il muro troian; nè in suo pensiero515
Di tal danno cadea pure il sospetto.
Spera egli anzi che dopo aver trascorso
Fino alle porte, ei torni illeso indietro:
Nè ch’ei possa atterrar d’Ilio le mura
Senza sè nè con sè punto s’avvisa,520
Chè del contrario l’alma genitrice
Fatto certo l’avea quando in segreto