Pagina:Iliade (Monti).djvu/480

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v.795 libro decimosettimo 147

De’ chiomati destrier. Scorsero anch’essi795
Il magnanimo Aiace e Menelao,
Che Giove ai Teucri concedea l’onore
Dell’alterna vittoria; onde proruppe
In questi accenti il gran Telamoníde:
Anche uno stolto, per mia fè, vedría800
Che pe’ Teucri sta Giove: ogni lor strale,
Sia vil, sia forte il braccio che lo spinge,
Porta ferite, e il Dio li drizza. I nostri
Van tutti a vôto. Nondimen si pensi
Qualche sano partito, un qualche modo805
Di salvar quell’estinto, e di tornarci
Salvi noi stessi a rallegrar gli amici,
Che con gli sguardi qua rivolti e mesti
Stiman che lungi dal poter le invitte
Mani d’Ettorre sostener, noi tutti810
Cadrem morti alle navi. Oh fosse alcuno
Qui che ratto portasse al grande Achille
Del periglio l’avviso! A lui, cred’io,
Ancor non giunse dell’ucciso amico
La funesta novella; e tra gli Achei815
Ancor non veggo al doloroso officio
Acconcio ambasciator, tanta nasconde
Caligine i cavalli e i combattenti.
Giove padre, deh togli a questo buio
I figli degli Achei, spandi il sereno,820
Rendi agli occhi il vedere, e poichè spenti
Ne vuoi, ci spegni nella luce almeno.
   Così pregava. Udillo il padre, e visto
Il pianto dell’eroe, si fe’ pietoso,
E, rimossa la nebbia, in un baleno825
Il buio dissipò. Rifulse il Sole,
E tutta apparve la battaglia. Aiace
Disse allora all’Atride: Or guarda intorno,