Pagina:Iliade (Monti).djvu/588

Da Wikisource.
v.590 libro ventesimosecondo 255

Già tagliata la strada, ed or pel campo590
Lo m’insegua da tutti abbandonato;
E la bravura esizïal non domi
Che il possedea: restarsi egli non seppe
Mai nella folla, e sempre oltre si spinse,
A nessun prode di valor secondo.595
   Così dicendo, della reggia uscío
Qual forsennata, e le tremava il core.
La seguivan le ancelle; e fra le turbe
Giunta alla torre, s’arrestò, girando
Lo sguardo intorno dalle mura. Il vide,600
Il riconobbe da corsier veloci
Strascinato davanti alla cittade
Verso le navi indegnamente. Oscura
Notte i rai le coperse, ed ella cadde
All’indietro svenuta. Si scomposero605
I leggiadri del capo adornamenti
E nastri e bende e l’intrecciata mitra
E la rete ed il vel che dielle in dono
L’aurea Venere il dì che dalle case
D’Eezïóne Ettór la si condusse610
Di molti doni nuzïali ornata.
Affollârsi pietose a lei dintorno
Le cognate che smorta tra le braccia
Reggean l’afflitta di morir bramosa
Per immenso dolor. Come in sè stessa615
Alfin rivenne, e l’alma al cor s’accolse,
Fe’ degli occhi due fonti, e così disse:
   Oh me deserta! oh sposo mio! noi dunque
Nascemmo entrambi col medesmo fato,
Tu nella reggia del tuo padre, ed io620
Nella tebana Ipóplaco selvosa
Seggio d’Eezïón che pargoletta
Allevommi, meschino una meschina!