Pagina:Iliade (Monti).djvu/589

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256 iliade v.624

Oh non m’avesse generata! Ai regni
Tu di Pluto discendi entro il profondo625
Sen della terra, e me qui lasci al lutto
Vedova in reggia desolata. Intanto
Del figlio, ohimè! che fia? Figlio infelice
Di miserandi genitor, bambino
Egli è del tutto ancor, nè tu puoi morto630
Più farti suo sostegno, Ettore mio,
Ned egli il padre vendicar: chè dove
Pur sia che degli Achei la lagrimosa
Guerra egli sfugga, nondimen dolenti
Trarrà sempre i suoi giorni, e a lui l’avaro635
Vicin mutando i termini del campo
Spoglierallo di questo. Abbandonato
Da’ suoi compagni è l’orfanello; ei porta
Ognor dimesso il volto, e lagrimosa
La smunta guancia. Supplice indigente640
Va del padre agli amici, e all’uno il saio,
Tocca all’altro la veste. Il più pietoso
Gli accosta alquanto il nappo, e il labbro bagna,
Non il palato. Ed altro tal che lieto
Va di padre e di madre, alteramente645
Dalla mensa il ributta, e lo percote,
E villano gli grida: Sciagurato,
Esci: il tuo padre qui non siede al desco.
Torna allor lagrimando Astïanatte
Alla vedova madre, egli che dianzi650
D’eletti cibi si nudría, scherzando
Sul paterno ginocchio. E quando ei stanco
D’innocenti trastulli al dolce sonno
Chiudea le luci alla nudrice in grembo,
Dentro il suo letticciuol su molli piume,655
Sazio di gioia il cor, s’addormentava.
E quanti or privo dell’amato padre,