Pagina:Iliade (Monti).djvu/604

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v.391 libro ventesimoterzo 271

Il biondo Menelao, sangue di Giove,
Levossi il terzo, e sotto al giogo addusse
Due veloci cavalli, il suo Podargo,
Ed Eta, del fratello una puledra,
Dell’aringo bramosa a meraviglia.395
Donata al rege Agamennón l’avea
L’Anchisíade Echepólo, onde francarsi
Dal seguitarlo a Troia, e neghittoso
Nell’opulenta Sicïon sua stanza
Rimanersi a fruir le concedute400
Dal saturnio Signor molte ricchezze.
Del magnanimo Néstore buon figlio
Antíloco aggiogò quarto i criniti
Suoi cavalli di Pilo, ancor del cocchio
Buoni al tiro. Si trasse il vecchio padre405
A lui già saggio per sè stesso, e un saggio
Utile avviso gli porgea dicendo:
   Antíloco, te amâr Giove e Nettunno
Giovane ancora, e t’erudîr di tutta
L’arte equestre: perciò poco fia l’uopo410
D’ammaestrarti, perocchè sai destro
Girar la meta: ma son tardi al corso
I tuoi destrieri, e qualche danno io temo.
Destrier più ratti han gli altri, ma non arte
Nè scïenza maggior. Dunque, o mio caro,415
Tutti richiama al cor gli accorgimenti,
Se vuoi che il premio da tue man non fugga.
L’arte più che la forza al fabbro è buona;
Coll’arte in mar da venti combattuto
Regge il piloto la sua presta nave,420
E coll’arte il cocchier passa il cocchiero.
Chi sol del cocchio e de’ corsier si fida,
Qua e là s’aggira senza senno; incerti
Divagano i cavalli, ed ei non puote