Pagina:Iliade (Monti).djvu/639

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306 iliade v.421

   Vide Giove dall’alto i due soletti
Pellegrini inoltrarsi alla pianura.
Pietà gli venne dell’antico sire,
E a Mercurio parlò: Diletto figlio,
Tu che guida ai mortali esser ti piaci,425
E pietoso gli ascolti, va veloce,
Ed alle navi achee Príamo conduci
Occulto in guisa che nessuno il vegga
De’ vigilanti Argivi e se n’accorga,
Pria che d’Achille alla presenza ei sia.430
   Mercurio ad obbedir tosto s’accinge
I precetti del padre. E prima ai piedi
I bei talari adatta. Ali son queste
D’incorruttibil auro, ond’ei volando
L’immensa terra e il mar ratto trascorre435
Collo spiro de’ venti. Indi la verga,
Che dona e toglie a suo talento il sonno,
Nella destra si reca, e scioglie il volo.
In un batter di ciglio all’Ellesponto
Giunge e al campo troian. Qui prende il volto440
Di regal giovinetto a cui fioría
Del primo pelo la venusta guancia,
E, così fatto, il nume s’incammina.
   Già Príamo con Idéo d’Ilo la tomba
Avea trascorsa, e qui sostato alquanto,445
Alla chiara corrente abbeverava
E le mule e i destrier. L’ombra notturna
Sulla terra scendea, quando l’araldo
Del nume s’avvisò che alla lor volta
Già s’appressava, e sbigottito disse:450
   Bada, o re; qui si vuol tutta prudenza.
Veggo un nemico, e siam perduti. O ratto
Diamci in fuga, o abbracciam le sue ginocchia
Implorando pietà. - Smarrissi il veglio,