Pagina:Iliade (Monti).djvu/78

Da Wikisource.
v.115 libro terzo 67

Quete stian l’armi, e sia da solo a solo115
Col bellicoso Menelao decisa
D’Elena la querela, e in un di quanta
Ricchezza le pertien. Quegli de’ due
Che rimarrassi vincitor, si prenda
La bella donna, e in sua magion l’adduca120
Col tutto che possiede: e sia tra noi
Con saldi patti l’amistà giurata.
   Disse; e tutti ammutîr. Ma non già muto
Si restò Menelao, che doloroso,
Me, pur gridava, me me pure udite,125
Che il primo offeso mi son io. Fra’ Greci
Bramo io pur diffinita e fra’ Troiani
Questa lite una volta e le sofferte
Molte sventure per la mia ragione
E per l’oltraggio d’Alessandro. Or quello130
Perisca di noi due, che dalla Parca
È dannato a perire; e voi con pace
Vi separate. Una negr’agna adunque
Svenate, o Teucri, all’alma Terra, e un agno
Di bianco pelo al Sole: un terzo a Giove135
Offrirassi da noi. Ma venga all’ara
La maestà di Prïamo, e la pace
Giuri egli stesso su le sacre fibre
(Chè spergiuri per prova e senza fede
Io conosco i suoi figli), onde protervo140
Nessun di Giove i giuramenti infranga.
Incostante, com’aura, è per natura
De’ giovani il pensier; ma dove il senno
Intervien de’ canuti, a cui presenti
Son le passate e le future cose,145
Ivi è felice d’ambe parti il fine.
   Sì disse; e rallegrò Teucri ed Achei
La dolce speme di finir la guerra.