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102 ILIADE 80-109

80vibrò su la sua spalla, recise il suo braccio gagliardo;
e cadde a terra il braccio, bagnato nel sangue; e le ciglia
invase a lui la Morte sanguigna, e la Parca possente.
     Nella battaglia penosa cosí travagliavano questi.
Né dir saputo avresti con chi combattesse il Tidíde,
85se coi Troiani insieme, oppur con gli Achei combattesse:
ché furioso pel campo correa, come un fiume rigonfio
colmo di nevi, che corre precipite, e gli argini spezza:
le fitte dighe piú non valgono a porgli riparo,
non valgon piú le chiuse dei floridi campi a frenarlo,
90quando improvviso giunge, crosciando la pioggia di Giove,
e sotto la sua furia rovinano i fertili cólti:
cosí sotto il Tidíde le fitte falangi di Troia
si scompigliavano, né, benché fitte, gli stavano a fronte.
     E di Licàone allora lo vide il bellissimo figlio,
95mentr’egli sgominava, pel campo, cosí le falangi;
e súbito mirò, con l’arco ricurvo, al Tidíde,
e mentre egli irrompeva, lo colse nell’omero destro,
al cavo dell’usbergo. Fuor fuori l’amara saetta
uscí dal lato opposto, si tinse l’usbergo di sangue.
100E un alto grido alzò di Licàone il fulgido figlio:
«Coraggio, su, Troiani magnanimi, prodi guerrieri,
ch’è degli Achivi il piú prode feríto, né credo ch’ei possa
piú sopportar la doglia del dardo crudele, se vero
è che mi spinse qui, dalla Licia, il figliuolo di Giove!».
     105Tal vanto egli gridava: né cadde però Dïomede:
ma, trattosi in disparte, dinanzi ai cavalli ed ai carri,
stette, e chiamò l’eroe Capanèide, Stènelo, e disse:
«O buono, or dunque su, Capanèide, scendi dal carro,
ché da la spalla mia tu svelga l’amara saetta!».