Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/17

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14 ILIADE 320-349

320ma di Telàmone il figlio, da niuno degli uomini, vinto
esser potrà, che sia mortale, che cibi frumento,
ch’essere franto possa dal bronzo o da immani macigni.
Lottando a corpo a corpo, neppur cederebbe ad Achille
sterminatore di genti: non c’è chi nel cozzo l’uguagli.
325Dunque, a sinistra noi due restiamo: ben presto vedremo
se trionfare qualcuno faremo, o se avremo trionfo».
     Detto cosí, Merióne, che Marte feroce sembrava,
mosse, finché pervenne nel punto del campo ch’ei disse.
     Veduto Idomenèo, che pareva una furia di fiamma,
330e lo scudiere seco, nell’armi lucenti, i nemici,
l’uno eccitando l’altro, su lui s’avventarono tutti;
e da per tutto la pugna s’accese d’intorno alle navi.
Come allorché sotto vènti fischianti si scaglian procelle,
nei dí che son le vie coperte di polvere fitta,
335e quelli alzan gran nebbia di polvere, insieme spirando:
surse cosí confusa la zuffa degli uomini; e brama
avean di sterminare l’un l’altro, col bronzo affilato;
e per le lunghe lancie protese a ferire, la pugna
sterminatrice appariva tutta irta; e abbagliava gli sguardi
340lo scintillare del bronzo dagli alti cimieri fulgenti,
dalle corazze di fresco brunite, dai lucidi scudi
che s’avanzavano a masse: chi avesse gioito a tal vista,
chi non si fosse turbato, intrepido stato sarebbe.
Ma con opposto disegno, di Crono i due figli possenti
345ivano intanto apprestando corrucci ed ambasce agli eroi.
D’Ettore e dei Troiani volea la vittoria il Croníde,
per dar gloria ad Achille dai piedi veloci: né spenti
tutti però volea sotto i muri di Troia gli Achivi:
Teti onorare soltanto voleva, e l’intrepido figlio: