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170-199 CANTO XX 191

170sé stesso alla battaglia spronando, fiammeggiano gli occhi,
e di furore ardente si lancia diritto, se alcuno
dei cacciatori uccida, se cada al primo urto egli stesso.
Cosí spingeano Achille la furia, l’intrepido spirto,
ad incontrare Enèa, magnanimo figlio d’Anchise.
175E quando, l’un su l’altro movendo, già erano presso,
Achille pie’ veloce divino, parlava per primo:
«Enea, perché ti sei tanto spinto dinanzi a la folla,
verso di me? Con me t’esorta a pugnare il tuo cuore,
con la speranza forse d’aver dei Troiani l’impero,
180che Priamo a te lo ceda? Ma no, se pur tu m’uccidessi,
Priamo non per questo vorrebbe a te cedere il regno,
perché gli restan figli, né invalido è ancora, né stolto.
O t’han promesso un podere, di tutti il piú bello, i Troiani,
ricco di viti, ricco di messi, ché tu lo coltivi,
185se tu m’uccidi? Per te difficile, credo è l’impresa.
Un’altra volta già fugar ti potei con la lancia:
non ti ricordi quando soletto ti colsi, e fuggire
ti feci a tutte gambe sui gioghi dell’Ida, a gran furia,
lungi dai bovi? Allora, neppure pensasti a voltarti!
190Sfuggitomi di lí, giungesti a Lirnesso; ma io
presi d’assalto la rocca, mercè del Croníde e d’Atena,
privai di libertà le donne, mie schiave le addussi.
Te volle salvo allora, con gli altri Celesti, il Croníde;
ma non vorranno adesso, mi credo, salvarti, sebbene
195lo speri tu. Per questo t’esorto che tu ti ritragga,
che fra la turba torni, né a fronte mi stia, ché non debba
seguire il peggio! A fatto compiuto, lo stolto è saputo».
     E a lui rispose il figlio d’Anchise con queste parole:
«Non figurarti, Achille, che tu sgomentare mi possa