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216 ILIADE 320-349

320addenserò gran mucchi; né piú troveranno gli Achivi
l’ossa: di tal congerie nascoste le avrò di fanghiglia:
qui gli faranno il sepolcro; e il tumulo alzato sovr’esso
qui troveranno, quando l’esequie faranno, gli Achivi».
     Disse, e balzò sul Pelíde con impeto d’ardui flutti,
325romoreggiando cosparso di schiuma di sangue di morti.
Dunque, il flutto cosí del fiume rigonfio di pioggia
si sollevava purpureo, già già ghermiva il Pelíde,
quando, per lui temendo, che il fiume dai vortici fondi
via non l’avesse a rapire, levò la diva Era un gran grido,
330e tale appello a Efesto, diletto suo figlio, rivolse:
«Scuòtiti, o figlio mio, Pie’ torto! Trovammo un rivale,
il vorticoso Xanto, ben degno che teco s’affronti.
Corri al soccorso, corri, fa’ ch’alta la fiamma rifulga!
Io di Zefiro intanto, di Noto che limpido fulge
335susciterò, correndo sul mare, una fiera procella,
che dei Troiani avvampi gli sparsi cadaveri e l’armi,
spanda l’orror dell’incendio. E tu, su le rive di Xanto
gli alberi brucia, avventa nell’alveo stesso la fiamma.
Né da melate parole lasciarti piegare, o da preci,
340né dall’impeto tuo desistere: solo quando io
ti lancio un grido, frena l’indomita furia del fuoco».
     Com’ebbe detto, Efèsto lanciò l’ardentissimo fuoco.
Prima la fiamma avvampò la pianura, bruciando le salme,
quivi distese a mucchi, dei Teucri spenti da Achille,
345l’acqua limpida stette, tornò tutto il piano rasciutto.
Come la Bora d’Autunno sul campo irrigato di fresco
spira, e d’un tratto lo asciuga: ne gode nel cuore il bifolco;
tutta la piana cosí s’asciugava, bruciavan le salme.
E contro il fiume allora la lucida fiamma rivolse.