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268 ILIADE 559-588

un altro dono rechi, disposto anche a questo ben sono:
560l’usbergo io gli darò che tolsi ad Asteropèo:
esso è di bronzo, e un orlo vi corre di lucido stagno,
tutto d’intorno, a spire: presente sarà di gran pregio».
     E, cosí detto, ad Automedonte, diletto compagno,
ordine die’ che l’usbergo recasse. Né l’altro fu tardo:
565esso lo diede ad Eumelo, che molto del dono fu lieto.
Ma Menelao si levò fra loro, col cruccio nel cuore
ché contro Antíloco sempre fremeva di sdegno. L’araldo
lo scettro in man gli pose, die’ ordine poi che gli Argivi
tutti tacessero; e allora parlò quel divino signore:
570«Antíloco, che prima saggio eri, che cosa facesti?
Al mio valore scorno facesti, ed impaccio ai cavalli,
gittando ad essi innanzi i tuoi che valevano meno.
Or pronunciate voi, condottieri e signori d’Argivi,
equo giudizio, senza protegger né l’uno né l’altro,
575ché alcuno degli Achei loricati di bronzo, non dica:
— Con frode Menelao vinse Antíloco, e torto gli fece,
e la giumenta gli prese: ché certo valevano meno
i suoi cavalli, ma piú valido egli era e possente. —
Anzi, il giudizio io stesso vo’ compiere, e credo niun altri
580biasimo darmi potrà dei Dànai, ché il giusto propongo.
Antíloco, su via, progenie di Dei, com’è giusto
mettiti al carro e ai cavalli dinanzi, ed in mano la sferza
stringendo, onde tu già guidasti a vittoria il tuo carro,
tocca i cavalli, e giura pel Nume che scuote la terra,
585che fu senza volere l’inganno onde tu mi vincesti».
     E a lui queste parole Antíloco saggio rispose:
«Abbi pazienza: ch’io di te son piú giovane molto,
o Menelao: di potere mi superi tu, di prodezza.