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28 ILIADE 740-768

740se pure un Dio ci voglia conceder vittoria, o se illusi
lungi si debba oramai receder dai legni: ch’io temo
che non ci saldin gli Achei del debito ieri contratto:
ché presso ai legni ancora c’è l’uomo mai sazio di guerra,
che non potrà piú a lungo tenersi, dico io, dalla pugna».
     745Polidamante cosí parlava, né ad Ettore spiacque.
Balzò súbito a terra, armato com’era, dal carro,
e a lui rivolto, queste veloci parole gli disse:
«Polidamante, tu trattieni qui tutti i piú prodi;
ed io vado laggiú, dove arde la zuffa, e di nuovo
750farò ritorno qui, come abbia impartiti i comandi».
     Mosse, ciò detto; e parve montagna coperta di neve,
alto gridando; e volò fra Troiani e alleati. E veloci
tutti correvano quelli, com’ebbero udita la voce
d’Ettore, a Polidamante, di Panto al magnanimo figlio.
755E nelle prime file movea quegli intanto, e cercava
se mai trovar potesse Deífobo, ed Èleno sire,
Asio, d’Irtaco figlio, e d’Asio il figliuolo Adamante.
Ma niuno d’essi immune trovò da travaglio o da morte:
presso l’ultime navi d’Acaia giacevano questi,
760che avean perduta, sotto le man degli Argivi, la vita,
ed altri erano dentro le mura, colpiti o trafitti.
Ma súbito, a mancina del campo cruento, Alessandro,
d’Elena chioma bella lo sposo divino, rinvenne,
mentre eccitava i compagni, con detti animosi, alla zuffa.
765Presso gli stette, e queste gli disse parole d’oltraggio:
«Paride tristo, bello soltanto a veder, donnaiolo,
seduttore, ove sono Dëífobo ed Èleno sire,
Asio, d’Irtaco figlio, e d’Asio il figliuolo, Adamante?