Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/61

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58 ILIADE 80-109

80Come si lancia la mente d’un uomo che molte regioni
ha visitate, e via via vagheggia lo scaltro pensiero:
fossi costí, fossi lí: ché piú d’una brama lo punge;
rapida in simile guisa, volava la Diva anelante.
Giunse all’eccelso Olimpo, trovò tutti i Numi raccolti
85dentro la reggia di Giove. Balzarono tutti dai seggi,
come la videro, e a lei offriron le coppe. La Diva
agli altri non badò, da Tèmide, gota fiorente,
il calice gradí, che prima le giunse vicina,
e, a lei parlando, queste rivolse veloci parole:
90«Era, dov’eri andata? Mi par che tu sii sbigottita.
Certo il tuo sposo, il figlio di Crono, t’avrà spaurita».
     E a lei cosí rispose la Dea dalle candide braccia:
«Perché mi chiedi ciò, Dea Tèmide? Tu lo sai bene,
da te, l’animo suo, com’è prepotente e superbo.
95Su via, tu nella casa dei Numi presiedi al banchetto,
ché poi, con tutti gli altri Celesti sapere potrai
che tristi eventi Giove disegna: vi dico che il cuore
non gioirà del pari di tutti i mortali e dei Numi,
se pure alcuno adesso partecipa lieto al banchetto».
     100Detto cosí, la Dea dalle candide braccia, sedette.
E si crucciaron gli Dei nella casa di Giove. Ella rise
pur con le labbra, ma sopra le brune sue ciglia, la fronte
non s’allegrava. E, irata con tutti, cosí prese a dire:
«Stolti che siamo, sciocchi, che a Giove facciamo contrasto!
105Ancor vogliamo farlo desistere, andandogli contro
con le parole, o la forza. Ma egli, seduto in disparte,
cura di noi non si dà, perché, per potenza e per forza,
supera tutti quanti, dice egli, i Celesti d’Olimpo.
Perciò, tolleri il male ch’ei manda, ciascuno di voi.