Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/90

Da Wikisource.
109-138 CANTO XVI 87

giú gli scorreva a rivi da tutte le membra, e respiro
110trar non poteva; e male su male incombea d’ogni parte.
     Ditemi adesso, o Muse, che avete dimora in Olimpo,
chi primo fu che il fuoco gittò su le navi d’Acaia.
Ettore presso ad Aiace si fece, e colpí con la spada
grande, nel fusto, la lancia di frassino, dietro alla punta,
115e ne stroncò via netta la cuspide. Aiace il troncone
ne palleggiava ancora nel pugno: non lungi da lui
cadde la punta di bronzo, mandò su la terra un rimbombo.
E intese allora Aiace, e un brivido in cuore gli corse,
l’opra dei Numi: ché Giove tonante, ogni pian di battaglia
120írrito a lui rendeva, per dar la vittoria ai Troiani.
Lungi si trasse dai tiri: gittarono il fuoco i nemici
sopra la nave; e da quella s’effuse indomabile vampa.
     Cosí dunque la fiamma cingeva la poppa. Ed Achille
queste parole, le cosce battendosi, a Pàtroclo disse:
125«Pàtroclo, stirpe di Giove, maestro a guidare cavalli,
veggo alle navi presso la furia del fuoco nemico.
Ch’abbiano a prender le navi, privarci dei mezzi di fuga!
Indossa l’armi, presto, ché intanto io raccolgo la gente».
     Cosí diceva. E l’armi sue lucide Pàtroclo cinse.
130Prima d’intorno alle gambe si cinse i fulgenti schinieri,
ch’erano da fermagli d’argento ai mallèoli stretti:
poi la corazza cinse, che al pari d’un astro fulgeva,
del figlio d’Èaco, bella: sugli omeri poscia la spada
gittò, che l’elsa aveva cosparsa di borchie d’argento;
135quindi lo scudo imbracciò, ch’era grande massiccio; e sul capo
fiero l’elmetto pose, di fine lavoro, su cui
terribilmente ondeggiava d’equino cimiero la cresta;
poi, due zagaglie prese, che il palmo gli empiêr della mano.