Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/201

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dagli Orsenigo. 191

vicinandosi, ad una consolida, sulla quale depose biglietti e portabiglietti. Ed attese, a classificare le bancali vinte, in tanti mazzi, quante n’erano le specie: di dieci lire, di venti, di cinquanta, di cento; per, poi, riporle, nelle tasche del portabiglietti, sulle quali il legatore avea impresse, in oro, le indicazioni di que’ dati valori.

Maurizio, che non aveva capito, punto, gli si avvicinò: - «Veramente, io non capisco, bene.» -

— «Te, se’ ómo di spirito...» -

— «Secondo. Ma cosa desideri?» -

— «Insomma, insomma, sarò franco: ambasciador ’un porta pena...» -

— «Ah, l’è un’imbasciata? E di chi?» -

— «Fa conto, che sia un’iniziativa mia. Te, hai una bella maîtresse, e ne se’ stufo. La ti hosta un occhio d’iccapo, e, p’immomento... ’un vogghi’ offenderti... ma sembra, che ti troi, un po’, imbarazzaco. Ora, ecco, c’è cui piace, ed ha quattrini dimolti, dimolti, dimolti; e, più ne spende e più n’ha. Se hôi cederla?...» -

— «Bista!» -

— «Se hôi cederla, io ti rihonsegno ippagherò. C’è un altro, che mi dovrà la somma, ecco. Innegozio rimane, fraddinoi; nes-