Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/203

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dagli Orsenigo. 193

dimi. Lo prendiamo, sì o no, questo hermutte?» -

— «Un galantuomo non può avere, se non una risposta, per quest’ambasciata.» -

— «Sarebbe?» - chiese il Marchese.

— «Eccola!» - rispose il capitano, imitando, stavolta, l’accento e l’intercalare dello interlocutore.

Ed alzò la destra; e, poi, abbassandola, consegnò, sulla gota sinistra del marchese Giambattista Barberinucci, il più fragoroso e solenne schiaffo, che, mai, s’appoggiasse, sulla guancia di un lenone o d’altro ribaldo: io ne disgrado il ceffone, che il general Damiano Assanti inflisse al volto del sedicente barone Giovanni Nicotera. Quella palma dell’ufficiale lasciò, sulla faccia del messere, l’impronta sua, che giustifica il nome di cinque-fronne, dato, alla guanciata, da’ concittadini di Maurizio. Poi, tornando indietro, il dorso della costui mano percosse la guancia destra del Barberinucci, con minor forza, sì, ma, pur, con tanta, da fargli vedere il cielo stellato, sebbene fossero, a mala pensa, le due pomeridiane. Il marchese, dapprima, sbalordito, voleva reagire, poi; ma i giocatori accorsero, si frapposero, separarono, i contendenti. Bista e Maurizio furono presi, per sotto al braccio, e tenuti lontani, dagli amici, che non sapevano