Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/217

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ticolare, descrivendo una curva a convessità posteriore; trascorse l’intera superficie articolare ed asportò la mano. Da ultimo, legò le arterie ed unì la ferita, nella direzione delle ossa.

Maurizio non diè un urlo, un lamento: solo, un pajo di volte, arrotò i denti. La Radegonda, bianca come un cencio lavato, ma, sempre, padrona di sè, gli accostò, allora, al naso, una boccettina. Quando l’operazione fu terminata, avvicinandosi all’Acquarone, che si sciacquava le mani, la poveretta lo interessò di preparare la mano recisa, sicchè potesse venir conservata. Per un momento, disparve; e cercandola, per non so più cosa, la trovarono, che, dirottamente, piangeva, nella stanza contigua, soffocando i singhiozzi, accanto al bacile, nel quale stava il membro amputato. Alla chiamata, si riscosse, in un attimo; ed accorse; e dispose, perchè si facesse quantunque si prescriveva da’ medici, come se, punto, la serenità dell’animo non fosse turbata.

I giorni seguenti furono di strazio. Si sviluppò il delirio; e sembra, che i medici stimino la febbre comatosa bruttissimo sintomo, ne’ feriti. E quel malato, lì, non era facile a governarsi. C’era una guardamalati, ma non serviva a nulla, perchè la Radegonda mal soffriva, che altri le usurpasse l’ufficio di accudire il suo di-