Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/225

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dagli Orsenigo. 215

gli altri? e non temere d’esser giudicato? Siamo tutti peccatori, tutti indegni della divina misericordia, tranne in quanto Lui ce ne degna. Credimi, figliuola mia, la tua preghiera non trova un orecchio sordo; tu non sei men cara, al Signore, d’ogni altra sua creatura. Guardati, dal disperare della sua bontà! Povera figliuola, ricordati: che chi piange sarà consolato. Ricordati; che molto si perdona a chi molto ama. E queste tue veglie e queste tue lagrime, queste son carità ed amore!»

Al decimo giorno, fu tenuto un (non so se nono o decimo) consulto. Ed i chirurghi, cessato il delirio, ben riuscita la disarticolazione, bene avviata la ferita al petto, pronosticarono meglio; e dichiararono non improbabile, che il paziente si riavesse. La madre di Maurizio venne a gittarsi, ebbra di gioja, al collo della partecipe d’ogni cura, d’ogni patema. Solo, allora, le donne cominciarono, ad aver occhio e pensiero, per altro che il loro diletto; ed avvertirono la stanchezza accumulata. La Della-Morte-Parascandolo tanto disse e tanto accarezzò la Salmojraghi-Orsenigo, che, finalmente, l’indusse ad andarsi a buttare sul letto, dove, pure, la penò, molto, a chiuder gli occhi, per poco, tanto l’aveva sovreccitata quella veglia prolungata, eccessiva.

Quando si alzò dal sonno, rinfrancata; e si