fu finalmente,
cambiata e pettinata, in fretta, e lavata, dopo
tanti giorni, che aveva negletta ogni cura di decenza e,
quasi di pulizia; entrò nella stanza di Maurizio. L’infermiera
le fece cenno, ch’egli dormicchiava. Ed essa, dopo
averlo, amorosamente, contemplato, alquanto, si
accostò alla vetrata; e guardò in istrada. Era l’ora, in
cui la gente si avviava al passeggio. Rimpetto alla finestra,
pompeggiava una gran fiera di giocattoli, a guardar
le cui vetrine si soffermavano bimbi e bimbe, accompagnati
da mamme e da bàlie e da bambinaje. Ed
ecco, in quella folla, mettersi una donna, che la Salmojraghi-Orsenigo
ravvisò, immediatamente, per la Ruglia-Scielzo; e dava la mano, ad una fanciulletta graziosa.
La Radegonda si sentì fremer le viscere. Guardava,
intenta: ma non poteva veder bene, giacchè la bimba le
volgeva le spalle, adocchiando, nella bacheca, ed accennando
alcuni balocchi. L’Almerinda si chinò, più
volte, per parlare alla ragazzetta; e, finalmente, entrarono,
insieme, nella fiera. La Radegonda non si muoveva.
Era sospesa, in dubbio: le pareva e non le pareva.
Dopo un poco, la Ruglia-Scielzo riuscì dal negozio con
la tosa, che aveva sotto-braccio una grossa bambola, e
che la Salmojraghi-Orsenigo vide, stavolta di faccia e
riconobbe. Era la figliuola sua, la