Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/226

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216 Dio ne scampi

fu finalmente, cambiata e pettinata, in fretta, e lavata, dopo tanti giorni, che aveva negletta ogni cura di decenza e, quasi di pulizia; entrò nella stanza di Maurizio. L’infermiera le fece cenno, ch’egli dormicchiava. Ed essa, dopo averlo, amorosamente, contemplato, alquanto, si accostò alla vetrata; e guardò in istrada. Era l’ora, in cui la gente si avviava al passeggio. Rimpetto alla finestra, pompeggiava una gran fiera di giocattoli, a guardar le cui vetrine si soffermavano bimbi e bimbe, accompagnati da mamme e da bàlie e da bambinaje. Ed ecco, in quella folla, mettersi una donna, che la Salmojraghi-Orsenigo ravvisò, immediatamente, per la Ruglia-Scielzo; e dava la mano, ad una fanciulletta graziosa. La Radegonda si sentì fremer le viscere. Guardava, intenta: ma non poteva veder bene, giacchè la bimba le volgeva le spalle, adocchiando, nella bacheca, ed accennando alcuni balocchi. L’Almerinda si chinò, più volte, per parlare alla ragazzetta; e, finalmente, entrarono, insieme, nella fiera. La Radegonda non si muoveva. Era sospesa, in dubbio: le pareva e non le pareva. Dopo un poco, la Ruglia-Scielzo riuscì dal negozio con la tosa, che aveva sotto-braccio una grossa bambola, e che la Salmojraghi-Orsenigo vide, stavolta di faccia e riconobbe. Era la figliuola sua, la