Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/24

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14 Dio ne scampi

questa!) somigliava la Fedra raciniana, diversa da quelle audaci:

     Qui, gôutant dans le crime une tranquille paix,
     Ont su se faire un front, qui ne rougit jamais.

Convinta di commettere un abominevol peccataccio, consumava le ore di solitudine, rimproverandoselo; sciupava il tempo de’ convegni, nel rinfacciarlo e farlo scontare al povero Maurizio. Questi, con la sua morale cavalleresca, non riusciva a capacitarsi, come potesse od addimandarsi colpa l’incoronare un Consigliere di Cassazione settuagenario, o qualificarsi delitto l’amore tra una bella bionda ed un bel bruno. Nulla, secondo lui, di più legittimo e naturale: - «Colpa o delitto e peccato sarebbe, piuttosto, il non far la cosa, quantunque volte se ne presenti l’occasione. Una legge, più antica e meno antiquata del decalogo, condanna il privarsi delle soddisfazioni possibili e che, al postutto, non danneggiano alcuno...» - O il marito? - «Bah! se l’appura, è cosa da nulla; e, se non l’appura, è, proprio, nulla». - Quindi, a dubitare sul serio del buonsenso e del senno della signora, vedendola struggersi, disperarsi, singhiozzare, pregare Iddio, tremando per l’inevitabil castigo celeste, ed invidiarsi ed invidiare all’amico l’ambìto piacere.