Pagina:Imbriani - Dio ne scampi dagli Orsenigo, Roma, Sommaruga, 1883.djvu/25

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dagli Orsenigo. 15


Difatti, era un amore insolitamente faticoso. Ogni abboccamento, condito di lacrime, gira gira, somigliava ad uno stupro violento. Baruffe continue amareggiavano la relazione. Non si trattava mica di lezî e di scede, simulate per far la preziosa, chêh! Donn’Almerinda soffriva daddovero; la ripugnanza di lei nel compiacere all’amico era immensa, ripeto, davvero: non ci trovava gusto, anzi soltanto rimorsi. Eppure, dopo aver combattuto alquanto, s’arrendeva e continuava. Non sapeva accettare queste sofferenze, occultandole, e preferire la gioja di quell’uomo alla pace della coscienza ed alla salvazione dell’anima; nemmanco, poi calpestare la sinderesi e ridere del pregiudizio; nè, finalmente, romperla col damo, troncando, bravamente, d’un colpo, il nodo gordiano. Lasciarlo? No, c’era abituata; e’ ci vuol risolutezza, per ispezzare una consuetudine. E, poi, del bene, avea finito per volergliene, a forza di vedersi amata; e prevedeva quanto lui soffrirebbe di un distacco: era un bene curioso, questo sì, misto d’odio e d’indifferenza, quella specie d’affezione, che può darsi tra galeotto ed agozzino, tra prigione e carceriere. E, poi, s’era provveduta d’un ganzo, perchè? Per seguir la moda e far come tante altre: come la duchessa di Vattelappesca e la professora Tal di tale, e la moglie del