Pagina:Infessura - Diario della città di Roma.djvu/14

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xii o. tommasini

cui l’autore indica i tempi. Ponemmo poi in chiaro nel mutilo principio genuino con cui la narrazione incomincia, il concetto che indusse l’autore a raggruppare tempi tanto remoti fra loro in una stessa unità logica, e a rappiccare quasi colle fantasiose Istorie dello filosofo romano i suoi notamenti contemporanei1; rilegammo in fine, quasi ad appendice, l’esordio fittizio dato dai codici meno autorevoli2, che è evidente azzimatura posteriore di amanuensi non indifferenti o di compilatori non disinteressati; e ci sembrò non inadeguato di concludere che i due brani de bello Sixti (pp. 89-107) e il Ricordo della presura e morte del protonotario Colonna (pp. 107-152) ebbero a nascere probabilmente indipendenti l’uno dall’altro; e però furono scritti in diverso idioma, e determinati dall’occasione ch’ebbe lo scrittore d’esser testimonio oculare delle vicende narrate, dall’impulso di simpatia e di clientela che nutriva per la popolare famiglia Colonna, ma furono i primi nuclei di narrazione che lo determinarono a comporre la storia.

Intorno a questi due nuclei, raccozzando appunti dispersi ne’ protocolli d’ufficio o di notaio, non tutti li per li redatti forse da lui, incorporando leggende foggiate per interesse gentilizio, raccolte o ne’ porticati de’ Colonnesi o nel palagio di Campidoglio, tra romaneschi o tra forusciti, ebbe poi a foggiarsi il resto del Diario, nella strana ma spontanea forma in cui ci pervenne.

Non parve che si dessero ragioni sufficienti per attribuire a Branca de’ Tedallini l’ultimo frammento volgare,

  1. Cf. Arch. Soc. rom. st. patr. XI, 563 sgg.
  2. Cf. Arch. Soc. rom. st. patr. loc. cit. p. 538 sgg.