Il quale mai dalle celesti porte
Non si dilunga, e tiene intento il viso
Se caro cibo alcun per te si porte
E Giuno e tutto il ciel commove a riso
185Quando cinghial strascina, o tauro agreste
Tolle del cocchio tuo con tale avviso:
Porta, Diana, ognor porta di queste,
E noi titolo avrem d’esser benigni,
Le lepri e i capriol lassa a foreste.
190A ricolte i cinghiai sono maligni,
Sono i tauri a’ mortali acerba doglia,
Tutta in costor la tua faretra strigni;
E si mangia una belva: in lui la voglia,
Che sa Teodamante, non vien meno, 3
195Perchè su in cielo abbia mutata spoglia.
Alle quadrighe tue sciolgono il freno
Le ninfe dell’Amniso, o dalle valli
Tornano di Giunon col grembo pieno
Di ferace trifoglio, onde i cavalli
200Si pascono di Giove, o in vasi d’oro
Mescono limpidissimi cristalli.