Pagina:Intorno alla Strada Ferrata dell'Italia Centrale.djvu/11

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al preclaro Ingegner Venturoli che citando ad esempio il viadotto di Luggiola anticamente costrutto, il diceva migliore, e forse unico rimedio a tanta ruina: una serie di arcate interposte tra il fiume ed il monte proteggendo la strada dalle fiumane, e permettendo un facile scarico alle melme che precipitano dal colle, è mezzo adattate nol neghiamo, ed ottenere una via stabile tanto quanto possa essere concesso dalla natura del suolo. Ma chi non si spaventerà pel costo di viadotti così prolungati, e le cui fondazioni saranno dispendiosissime, e sempre incerte? Noi ameremmo che venisse risposto a questa domanda, veduti i luoghi, non poeticamente, ma col freddo, ed imperziale sguardo dell’Uomo d’Arte, come già gli vide il Prof. Veturoli; e come più tardi dovè vederli, portandovi le più serie considerazioni, l’illustre Ingegner Guasti, in unione al primo dei sottoscritti. Questi avendo avuto allora ripetuta occasione di studiare quei terreni, e di conferire coi meritissimi Ingegneri della provincia Bolognese ed in special modo con l’Ing. in capo Bernardi di onorata ricordanza, potrebbe addurre esempj quasi incredibili della forza che quei terreni dispiegano muovendosi, e degli effetti che producono, anche in quei minori scoscendimenti che il viandante non si sofferma nemmeno ad osservare. Ma ciò ne trarrebbe troppo in lungo, e altronde i meritissimi Componenti la Illustre Commissione internazionale non mancheranno a se stessi nella disamina di una questione, che i sinistri ripetutisi anco di recente sulla linea da Genova ed Alessandria presso Arquata in consimile terreno, mostrano quanto sia grave.


III


La linea da Prato a Bologna per Montepiano nelle valli di Bisenzio, e Setta fu preliminarmente studiata, come dicemmo, dall’Ing. Sig. Tommaso Bianchi che ideava traversare l’Appennino a cielo aperto. Ciò lo costringeva ad abbandonare il corso del Bisenzio poco sopra Prato presso S. Lucia, e quindi a mantenersi costantemente elevato nelle pendici a destra del fiume, circostanza che lo obbligava a degli arditi, e difficili lavori nelle superiori convalli della Trogola, del Bacuccio, del Fiumicello, ed altri. Il chiarissimo Ingegnere Prof. Giuseppe Pianigiani visitando quelle località poneva ogni studio nell’abbassare quella linea, intento che avrebbe raggiunto, se gli fosse stato consentilo di ammettere, sotto la vetta dell’Appennino una galleria bastantemente prolungata. Nel concetto peraltro del Sig. Bianchi la strada era esercitabile con locomotive tenendosi le pendenze nel limite del 15 a mille. Da altra parte il Sig. Ing. Babbaga tenevasi sul Bisenzio fino a Mercatale, e proseguiva poi per la Fiumenta fino oltre il villaggio di S. Quirico con lunghezza di Kil. 23.½: quivi trovandosi sotto l’Appennino staccava, come il Sig. Cini, due piani inclinati, e raggiungeva Montepiano mediante una galleria di metri 2,500. I piani inclinati riuscivano lunghi Kil. 6 ed avevano la pendenza dell’1/15.

Questi studii preliminarj mentre ci furono di grande soccorso nel formare una completa livellazione di quella linea stradale, non poterono farci divergere