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Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/126

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— Perchè invece di dare in tal modo un supremo segno d’amore all’infelice Adriana, disonorereste la sua memoria.

Gabriele ebbe un brusco sussulto.

— Che dite?

— La verità: il sangue che scorre sopra una tomba, lascia sempre una macchia, che nulla vale a detergere, è una profanazione, un sacrilegio. Non ha sofferto abbastanza la povera martire in vita, volete turbarla anche da morta? Se l’esistenza vi pesa, fate come me: dedicatela tutta a qualcuno che vi ami, pur avendo sacro il ricordo della donna amata. Non avete un padre... voi, una madre?

Gabriele divenne livido...

— Li avevo dimenticati — mormorò — grazie di ricordarmelo.

Un sospiro d’immenso refrigerio sollevò il petto di Maria: ella stese la mano al giovane.

— Voi siete buono — disse — siete onesto, nella vostra anima non vi sono rimorsi: potete essere ancora felice.

Egli scosse il capo...

— Ebbene vivete per il dolore — aggiunse dolcemente Maria — sarà questa la più splendida prova d’amore che darete ad Adriana, la quale vi sorriderà dal cielo.

Le lacrime velavano gli occhi di Gabriele.

— Piangete? Siete salvo — disse ancora Maria — ah! se potessi anch’io trovar delle lacrime.

Ebbe un fremito, ma si rimise tosto... e con accento velato, triste.