Pagina:Isernia - Istoria di Benevento I.djvu/225

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al suolo le ginocchia, o chinare il capo sul petto, ma sibbene nel volgere al diavolo le spalle, e curvare in guisa il petto da scomparire affatto il capo. Se poi capitavano ivi streghe novelle, erano costrette a giurare perpetua obbedienza al re dei demonii, il quale in ricambio imprometteva loro giocondezza di vita e prosperità senza limiti, le quali promesse non dava mai il caso che si fossero avverate per essere il demonio padre solo di menzogne.

A tali atti di adorazione seguivano i balli negli aperti campi, e massime sotto l’arbore della noce, e ai balli lautissime cene, nelle quali oltre la copia dei cibi abbondavano squisitissimi vini, e a quelle vivande d’ordinario non facea difetto altro condimento che il sale, a significare quanto fossero stolidi coloro che faceano a fidanza coll’avversario d’ogni bene. E in ultimo, spenti i lumi, e rientrati i folletti e le streghe nella caverna, si mescolavano tra loro in nefandi amplessi.

Ma poichè non riusciva ai curiosi di scoprire nè la favolosa caverna, nè il leggendario noce così prevalse l’opinione che, salvo il moto del viaggio, ogni altra cosa era figmento del demonio, e illusione dei sensi, cioè il ballo, la caverna, il noce e gli osceni tripudii.

Tutto ciò si legge nei mentovati autori, ma tuttavia, ad onor del vero, e per il decoro del mio nativo paese, non debbo tacere che dei migliori storici locali, i quali fiorirono in quei tempi, non vi fu quasi alcuno che aggiustasse fede a cotali nefandezze, e anzi non mancò chi le definisse

«Torbidi sogni d’agitata mente».


Molti fatti assai singolari di quelle streghe ripeteansi di bocca in bocca, i quali erano efficacissimi a confermare il popolino nelle sue credenze, ed io, a darne un’idea ai lettori, nè narrerò due soli che si veggono riportati da quasi tutti i patrii scrittori che trattarono siffatto argomento.

Un tale della diocesi Sabinense nutriva sospetto che la sua moglie fosse una strega, e per uscire dai dubbio che