Pagina:Isernia - Istoria di Benevento I.djvu/231

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concedette tanto a lui che a’ suoi successori l’autorità e la giurisdizione di metropolitano, senza però conferirgli il titolo di arcivescovo; e infatti i vescovi di Benevento dall’anno 668 in poi presero ad esercitare la potestà di metropolitani su tutte le chiese dipendenti dalla loro giurisdizione.

E appunto nel tempo che in virtù di tale concessione la chiesa di S. Michele Arcangelo sul monte Gargano, insieme ad altre, fu aggregata alla chiesa beneventana retta da S. Barbato, i beneventani elessero a loro patrono l’Arcangelo S. Michele, e i principi longobardi nei maggiori pericoli fidarono sempre nel suo ausilio, e lo tennero come il più saldo sostegno dello Stato. Ed è per questo che nelle monete di quei principi si vede da una parte scolpita l’effigie di S. Michele, e dall’altra quella del principe.

In quel tempo Teodorada, moglie del duca, donna piissima, sondò a piè del monte S. Felice presso il fiume Sabato un monastero di monache, che intitolò al principe degli Apostoli, del quale veggonsi tuttora alcune vestigie, e fu questa la prima fondazione ecclesiastica di cui si ha contezza dopo la istituzione del ducato di Benevento. (Feuli, Delle chiese di S. Pietro in Benevento).

In quel monastero Nicolò II papa celebrò un concilio nei primi giorni di agosto dell’anno 1059, al quale intervenne Landolfo VI principe di Benevento. Ma il papa Celestino nell’anno 1294 lo soppresse, e ingiunse che le monache fossero state trasferite nel monastero omonimo edificato dentro la città. E ora non avanzano di quella chiesa che pochi frantumi, atti appena a fornire una qualche idea all’erudito dell’ampiezza e magnificenza dell’antico edificio.

Una parte degli avanzi mortali di S. Barbato conservasi tuttora sotto l’altare maggiore della metropolitana, e gli altri furono trasferiti, in occasione di una guerra, nel celebre santuario di Monte Vergine, insieme ad altre reliquie. E i beneventani additavano ai forestieri, sino allo scorcio del passato secolo, un calice, che si credette esser quello formato da S. Barbato col prezioso metallo della Vipera adorata da Romoaldo, e dicesi che quel calice fosse stato involato dai re-