Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/129

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gnanimo con tutti erasi acquistato la simpatia della maggior parte degli italiani e la stima universale.

E però il pontefice Urbano invitò al conquisto del reame delle due Sicilie Carlo conte d’Angiò e di Provenza, fratello al re Luigi di Francia, uomo gagliardo della persona, esperto nelle cose di guerra, e d’indole austera, il quale, istigato dalla moglie Beatrice, figlia a Raimondo conte di Provenza, che ambiva ardentemente di cingersi al crine, al pari delle sue sorelle, una corona di regina, col fiore delle milizie francesi, si accinse assai volenteroso a quella impresa.

Manfredi, udendone la novella, recò in prima gran parte delle città d’Italia sotto la sua dipendenza, nominò in Lombardia suo Vicario il marchese Pallavicino, suo congiunto, e mise in mare gran numero di navili siciliani, Pugliesi, e Pisani, sicchè, vedendosi in Italia potentissimo in mare e in terra, la venuta di Carlo d’Angiò avea per niente.

Il papa Urbano finì di vivere nel 1264, e allora si credette da molti eliminato il pericolo d’una invasione straniera, ma Clemente IV, succeduto ad Urbano nel pontificato, continuò l’opera del suo predecessore, non omettendo alcun mezzo per aggiungere sprone al buon volere di Carlo. Questi, lasciando che il conte Guido di Monforte si avviasse verso Roma per la via di Lombardia con la massima parte delle sue milizie, trasse a Marsiglia, e con sole trenta galee armate si mise in mare per recarsi anche a Roma con manifesto pericolo di dare nelle ottanta galee del re Manfredi. Ma queste furono sperse in varii punti da una gran fortuna di mare, e Carlo d’Angiò, trascorrendo assai presso il naviglio del re Manfredi, potè con la sua piccola armata approdare felicemente alla foce dei Tevere nel maggio dell’anno 1264.

Il Monforte era seguito sempre dal Pallavicino, il quale, non sapendo risolversi di venire con esso a giornata campale, era studioso, secondo i suggerimenti di Manfredi, di coglierlo a qualche mal passo, o metterlo in mezzo a due eserciti, ina il Monforte, eludendo sempre con destrezza le sue mire,