Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/303

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lonnello Negri con un drappello di cinquecento soldati guidati dal de Marco. La banda Giordano, ridotta a soli cinquanta uomini, appiattata in un boschetto, fece fuoco uccidendo alcuni soldati sardi, ma poi, soverchiata dai numero, prese la fuga. Il Negri entrò in Pontelandolfo, e i suoi soldati confondendo, come sovente accade in simili casi, l’innocente col reo, commisero vendette e depredazioni. Il Negri, dopo di avere arsi i cadaveri dei suoi soldati uccisi avanti la cappella di S. Rocco, fece ritorno per Fragneto a Benevento. E quasi nel tempo stesso quattrocento piemontesi guidati dal cav. Iacobelli, partendosi da S. Lupo, entrarono da più parti in Casalduni, esplodendo in aria i fucili per incutere spavento alla popolazione. La maggior parte degli abitanti di Casalduni d’ogni condizione, età e sesso, antivedendo la vendetta dei soldati piemontesi, sin dal giorno precedente eransi fuggiti, onde non avvennero in quel comune gli stessi luttuosi fatti di Pontelandolfo; ma tuttavia furono saccheggiate ed arse varie case, e in prima quella del Sindaco Luigi Ursini, il quale prese la fuga, traendosi dietro la sua numerosa famiglia.1

Dopo gli atroci fatti di Pondelandolfo e Casalduni ebbero fine le reazioni, ma proseguì per qualche tempo nel beneventano a infierire il brigantaggio, che, omettendo ogni scopo, e, come suoi dirsi, colore politico, intese solo al saccheggio e alla rapina. Le bande brigantesche mancavano di un capo unico, e agivano divise, senza aiutarsi a vicenda. E perciò tra noi il brigantaggio consisteva in una serie di zuffe alla spicciolata, campo ogni valle, parapetto ogni maceria, agguato ogni fratta. Le bande a minuzzoli, pronte ai movimenti, a dividersi, a raccogliersi, a celarsi, e a tornar di fianco o a tergo improvvise, viveano per lo più nei territorii, ove niun albero ignoravano, di leggieri trovavano viveri e munizioni, con vantaggio assalivano, senza rischio

  1. Il Sindaco Luigi Ursini, accusato di aver consigliato il suo dipendente Angelo Pica a ordinare l’uccisione dei 37 soldati piemontesi, fu dopo varii anni assoluto con sentenza contumaciale emessa in Camera di Consiglio dalla Corte di Assise di Benevento.