Pagina:Isernia - Istoria di Benevento II.djvu/49

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sdegno, ma da uomo accorto seppe assai bene dissimulare i suoi sentimenti e il desiderio della vendetta.

Nello stesso tempo quasi accadde pure che a un cavaliere beneventano, di chiari natali, venne veduta un giorno a caso Adelgisa moglie di Sicardo ignuda nel bagno; la qual cosa increbbe a costei sopra modo, e per togliere forse al cavaliere l’occasione di menarne vanto tra gli amici, mandò con un pretesto a chiedere della moglie di lui, e, avutala in sua balìa, col permesso del principe, le fece sconciamente scorciare i panni, e condurla in tal guisa al luogo ove erano alloggiate le soldatesche. Allora il marito e i congiunti di costei, stimando che ad essi non si addicea di tollerare un tanto oltraggio, abboccatisi con Naringone, che istigolli a lavare l’onta nel sangue del tiranno, entrarono nel padiglione, ove questi, reduce dalla caccia, prendea riposo, e con varie ferite gli tolsero la vita.

Morto Sicardo — il quale tenne da solo il dominio di Benevento per poco più di sei anni — i maggiorenti beneventani esclusero dalla signoria i figli del tiranno, ed elessero principe di Benevento il tesoriere Radelchi, o Radelgiso, secondo alcuni scrittori, ritenuto in quel tempo per l’uomo il più degno di essere elevato a tale onore, ma questi dopo breve tempo diede aperte prove d’animo nequitoso, e tale da disgradarne forse lo stesso Sicardo, per guisa che si acquistò subito nel principato molti capitali nemici. Egli quindi fu bentosto astretto a mandare in bando Dauferio il Balbo suocero dell’estinto Sicardo, che tentava di promuovere una congiura per torgli lo Stato, e che potea ritenersi come capo della fazione nemica. Ma questi, bramoso di vendetta, trasse in Salerno, ove prese a istigare i cittadini alla rivolta, lusingandone la vanità coll’affermare che riusciva ad essi disdicevole e ingiurioso il perdurare più a lungo nella dipendenza da Benevento, e quelli coll’aiuto degli Amalfitani, ai quali, rimettendo le antiche ingiurie, chiesero pace ed alleanza, diedero opera alla fuga di Siconolfo fratello di Sicardo dalle carceri di Taranto, e lo proclamarono principe di Salerno, eccitando pure Landolfo