Pagina:Isocrate - De' doveri del sovrano.djvu/19

Da Wikisource.

— 19 —

sioni,1 infrenandole con maggiore impero di quello che tu eserciti sopra i soggetti.

Non frequentare le adunanze inconsideratamente e senza un utile preveduto scopo, ma assuefà l’animo a prendere diletto di quelle per le quali ti si accresca il tesoro della istruzione, e te ne derivi opinione di virtuoso presso gli altri.

Non appetire quelle doti che sono comuni ai cattivi, ma ogni tuo sforzo concentra nel desiderio della virtù, di cui non una parte è per toccare ai malvagi.

Credi sincerissimi gli ossequii non di coloro che li rendono in pubblico per timore, ma in segreto fra loro, lodando più la tua prudenza che la tua fortuna.

Se per a caso sei sorpreso in qualche leggerezza, dissimula quasi attendessi ad affare d’importanza. Non pensare però che convenga ai sudditi vivere con moderazione, ai Re sfrenatamente, ma offri te ad esempio per la tua temperanza, convinto che il costume pubblico si modella su quello de’ Sovrani.

Argomenta della rettitudine del tuo governo se per la tua solerzia vedrai i soggetti divenuti più ricchi e temperati 2.

Intendi potentemente a lasciare ai figli in retaggio più la riputazione di onestà che grandi ricchezze, poichè queste sono caduche 3 e mortali, quella per volgere di anni e di fortuna non viene meno. Con la fama di onestà poi possono procacciarsi le ricchezze, non per queste quella: e le ricchezze sono comuni anche ai scellerati, la gloria però dell’onesto e del giusto è patrimonio esclusivo de’ virtuosi.

  1. Tous les sentimens que nous dominons sont legitimes: tous ceux qui nous dominent sont criminels (Rousseau)
  2. Conciossiachè come il timoniere deve tenere suo intento al buon navigare, il medico alla salute, il generale alla vittoria; così l’amministratore della Republica alla vita beata de’ cittadini; com’ella sia di potenza ben ferma, di sostanze copiosa, chiara per gloria, orrevole di virtù: dacchè io voglio lui recare a perfezione quest’opera ch’è il maggiore e miglior bene degl’uomini (Cicerone lib. 5 de republica)
  3. Nam divitiarum et formae gloria fluxa atque fragilis est: vìrtus clara, aeternaque habetur — (Sallustio in bello Catilinario)