Pagina:Issel - Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, Milano, Treves, 1876.djvu/17

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temporale in alto mare. 13

lo vedo inclinato sul fianco sinistro, soverchiato da formidabili ondate che ne invadono la poppa ed il centro. Intanto l’animoso capitano e gli altri ufficiali hanno afferrato il mozzo della ruota e lo tengono fermo ad onta dei marosi. Parte dell’equipaggio si è precipitata nella stiva per metter fuora una barra di ricambio che fatalmente si trova sepolta sotto un grosso cumulo di carbone.

Mentre cresce il rollìo ed il beccheggio, con gran detrimento delle porcellane di bordo, il prof. Sapeto trova una felice diversione alle preoccupazioni del momento mangiando certe belle pere piovute, non si sa come, dalla dispensa. Io lo imito con entusiasmo.

La Dio mercè, in meno di mezz’ora, lunga mezz’ora, la barra fu tratta fuori e messa a posto. Cionondimeno, reputando il capitano che lo stato del mare e le avarie sofferte non permettessero alla nave di procedere oltre senza pericolo, ordinò di poggiare per settentrione, e così fu fatto. Navigando omai a seconda del vento, non era più a temersi il fortunale. La notte infatti si terminò senz’altro incidente, ed avendo in poche ore percorso un lungo tratto, ci ritrovammo all’alba dinanzi alle balze scoscese del capo Matapan, d’onde proseguimmo verso Cerigo, per poi attraversare il canale dei Cervi.

Essendosi intanto un po’ calmato il mare e l’aspetto del cielo promettendoci tempo migliore, governammo per oriente, cioè verso Candia, che non tardò a mostrarsi all’orizzonte. Tramontato il sole ed avvistato il fanale di Suda, il piroscafo si diresse a piccola velocità, parallelamente alla costa settentrionale dell’isola, a riparo dello scirocco che pur sempre continuava a soffiare con veemenza. Il mattino seguente ci trovò presso l’estremità orientale di Candia, mentre ci innoltravamo in alto mare colla speranza di incontrare un tempo più propizio. Vana lusinga! Non appena perduto di vista il capo Sidero, il cielo si abbuiò sinistramente, il vento si mise a stridere tra le sartie ed il mare nuovamente ingrossò. Alle 4, circa, dopo il meriggio, un immenso cavallone si riversò romoreggiando sulla poppa, ed una gran massa d’acqua penetrando negli spiragli della macchina, poco mancò che non spegnesse i fuochi; la qual cosa vedendo il capitano, divisò di retrocedere per la seconda volta e di appoggiare nel porto più vicino di Candia per aspettarvi la fine del temporale.