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Pagina:Istorie dello Stato di Urbino.djvu/168

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Libro Secondo. 129

la vivezza di quelli. Quindi è che sono in ogni profession riusciti, e giornalmente sortiscono huomini singolarissimi, che volendo alcuno annoverarli saria mestiero, che vi componesse un libro non men di quel che fè il Baldi sopra di quel Palazzo l’Architettura, ò il Conte Baldassaro sopra di quella Corte i gesti: Onde per non passar la meta, che al scrivere mi prefissi, arresto quì la penna.


CAPITOLO SETTIMO.

Della Città di Cagli.


C

orreva l’Anno decimonono dell’edificatione di Roma, per l’attestatione, che ne fà Gabino Leto: quando che da Febeio Duce valoroso de’ Sabini, fù in questa Regione Senonia, sopra le falde amene del Petrano Monte la Città di Cagli eretta; d’ampiezza tale, che non essendo il recinto, per due miglia di muuo, di sì numerosi habitatori capace, fù anche adorno reso di Borghi. E perche in mezo à quel sito fondato il Tempio trovavasi, ove di Marte Cali s’adorava l’imagine, da esso pigliando il nome la Città novella, Cagli fù poscia unitamente chiamata. Credesi, questa, che da’ Toscani fosse un tempo signoreggiata; e succedendo l’espulsione di quelli, restasse à i Senoni soggetta, da’ quali sendo abbandonata, indi poscia dal tempo abbattuta, cascò rovinata nella funebre tomba delle sue macerie: dalle quali fù dopò l’esterminio de’ Senoni sudetti rilevata da i Romani soldati, e nella sua prima giacitura fondata: mà da’ Romani Imperatori considerato il sito; il qual non men delitioso, che ameno, e salubre credevano, per la grandezza de i piani, che davanti stendevansi; per la verdura de gli ombrosi monti; per la delitia de i Colli, che le facevan corona; per l’amenità dell’opache selve; per l’ampiezza de’ prati, come in bella drapperia distese; & per la limpidezza de i fiumi, che gorgogliando in christallina vena, con piè d'ar-

gento