Pagina:Italia. Orazione detta la sera del 13 marzo del 1917 al Teatro Adriano in Roma.djvu/30

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rosa nei piroscafi dove eravate i peggio trattati, nelle officine lontane, nelle vie straniere, sempre pronta a tenervi le mani che non pigliassero il coltello, ogni volta che lo straniero vi insultava, perchè non perdeste, o eroi incomparabili, il vostro pane quotidiano.

E gli uomini di pensiero, i pastori? Pochi e grandi solitari: e che siano onorati nel futuro quanto furono delusi e amareggiati. E poi un grande fermento di giovinezza e di rivolta: questo era buono davvero; ma la più gran parte dei sapienti si fermava alle apparenze. Molti uomini cinici nella vita pubblica, nelle lettere, nel giornalismo ebbero il sopravvento morale: prodigi di equilibrio sul filo dell’onestà e della improbità mentale parvero miracoli di scienza del vivere.

L'ironia e il dispregio per il dolore e l’assoluta incapacità a comprendere il religioso mistero del popolo; il credere la vita un libero festino parvero in certo tempo i contrassegni dei maggiori: perciò la moltitudine si tenne lontana dalle prove dell’intelletto. Eravamo distanti dalla giusta autorità nel giudicare dal popolo di Grecia, di Roma, di Firenze.

Da noi il popolo fuggendo il cinismo intellettuale dei gaudenti del pensiero e dell’astuzia si era perduto nella politica e vi si era vergognosamente imbrattato senza difesa di educazione.


In questo tempo, quando l’ora che trascorreva penosamente pareva la più paurosa, il Colosso del nord si mosse con tutte le sue armi.


Il mondo intero côlto da maraviglia e da terrore si accorse subitamente di aver dimenticato molte ve-