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Cicerone 119

mostene, e le reminiscenze di quell’età, insigne nella storia dei mondo, gli si affollavano attorno ad ogni minima evocazione. Questi partiti a Cicerone mancavano. Fin dai primordj, Roma era stata oppressora, non redentrice delle nazioni; coloro ch’erano morti sotto a’ suoi stendardi, erano caduti cercando d’imporre il giogo a tali che mai non n’avevano conosciuto il peso, e non già di levarlo di collo agli oppressi; e Cicerone, se avesse voluto imitare il sublime entusiasmo del suo gran maestro allorchè giurava per le ombre di quei che primi affrontarono il pericolo nella pianura di Maratona, Cicerone non v’avrebbe trovato un riscontro in tutta la serie de’ metrici annali di Roma e nei favolosi libri de’ sacerdoti.

Pongasi anche mente alla natura de’ giudizj fra un popolo mosso da intriganti, e dove la protezione delle leggi ormai non assicurava nè la vita nè l’avere a chi non fosse capace di tutelarli da sè o col mezzo d’amici. Secondo Cicerone, Sassia, a cui era stato ucciso il marito, per iscoprire i rei fa porre al martòro i servi (tormentis omnibus vehementissimis quaeritur); e poichè sostengono di non saper nulla, per quel giorno gli amici, al cui cospetto si teneva questa domestica investigazione, opinano di desistere. Dopo qualche intervallo si rimettono alla corda, nulla vis tormentorum acerrimorum praetermittitur, tanto che l’aguzzino ne riesce spossato, e gli astanti dichiarano che sono a sufficienza1. È vero che si trattava non d’uomini, ma di schiavi!

E in generale i giudici non si limitavano ad accertare il senso delle leggi ed applicarle ai casi particolari; ma si consideravano padroni della vita e dell’onore dell’imputato. Pertanto il reo ed i suoi amici compajono in abito di duolo, stringendo la mano all’uno e all’altro; è dovere d’amicizia e pietà di parentela il venire famiglie, corporazioni, interi municipj a sostenere del loro voto un accusato: se pur questo non avrà denari quanti bastino a comprare i giudici, perocchè in proverbio correva non potersi condannare una buona borsa. L’oratore non faticherà tanto a mostrare l’innocenza del suo cliente, quanto a chiarirne i meriti antecedenti, e com-

  1. Cicerone, pro Cluentio. Egli riconosceva non l’iniquità, ma la falsità delle deposizioni estorte colla tortura: «Illa tormenta gubernat dolor, moderatur natura cujusque tum animi tum corporis, regit quæsitor, flectit libido, corrumpit spes infirmat metus, ut, in tot rerum angustiis, nihil veritati loci relinquatur».