Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/188

Da Wikisource.
178 illustri italiani

oltre il dialetto toscano, vi fosse altra lingua in Italia di cui a buon diritto valersi nelle scritture. I Toscani, da sì gran nemico assaliti (chè il solo nome di Dante li spaventò), dal bel principio impugnarono a tutta forza la legittimità dello scritto: e allora si corse da ogni lato alle armi, e si appiccò fra i dotti una fierissima zuffa, che consumò molto inchiostro d’ambo le parti, e durò più d’un secolo, e non è ancora al tutto sopita; quantunque fino dalla metà del secolo andato, il principe de’ giureconsulti e de’ critici Vincenzo Gravina, nel suo profondo trattato della Ragion Poetica, abbia già definita la lite contro i Toscani.

“Intanto essi, mal reggendo alle forti ragioni di quel trattato, per assodare la combattuta lor dittatura procedettero animosamente alle vie di fatto, e ideato il Vocabolario della Crusca, prontamente lo compilarono, ed esclusero dal medesimo tutti i vocaboli che vivi e vegeti e ben sonant vagavano per tutto il resto d’Italia, ma non erano sgraziatamente stati ancor tinti nel liquido oro, che scorre sotto il ponte di Santa Trinità; o che, nel significato della stessa cosa, per la differenza di qualche lettera sonavano diversamente dai vocaboli fiorentini; e per non nuocere a quelli del Mercato Vecchio, si giunse perfino a dar l’esilio a vocaboli che, secondo il precetto oraziano, parce detorti cadevano dal materno fonte latino, e più dotta e più nobile rendevano la favella. Ma ristretto dentro a questi confini, il Vocabolario della Crusca riuscì così magro e digiuno, che subito si fe sentire la necessità d’impinguarlo e ampliarlo coi materiali degli scrittori, che fuori del dialetto toscano avevano dilatata in più ampio spazio In lingua. E fu cosa meravigliosa il vedere l’Accademia della Crusca, costretta dall’onnipotenza dell’opinion pubblica, canonizzare per autor classico anche Torquato Tasso, quel Tasso che dai fondatori della stessa Accademia era stato sì rabbiosamente straziato e coperto di villanie; alle quali pose il colmo miserando lo stesso gran Galileo, acciocchè i posteri s’accorgessero che egli pure era uomo. Tanto è il delirio delle passioni, le quali gettano al basso anche i cuori più generosi, e non addormentano il loro furore che sui sepolcri.

“L’intenzione adunque ordinatrice del primo Vocabolario della Crusca fu quella di stabilire in Firenze il despotismo della favella, e di rivocare a sè l’universale della lingua illustre italiana, per riporre in luogo di que sta il particolare dialetto della Toscana. E per lingua illustre intendiamo la lingua che un dì parlavasi nelle Corti italiane, le quali gareggiavano nell’adunar d’ogni parte il fiore de’ letterati, e da questi castigatamente scrivevasi dappertutto e traevasi, non già dal parlare della plebe, ma dai fonti dell’erudizione o della filosofia; e questa è la lingua che per noi deesi vendicare, e che essendo lingua comune a tutta l’Italia, italiana deve chiamarsi non fiorentina. Ben è il vero (per usar le parole del citato Gravina) che il dialetto toscano più largamente che gli altri partecipa della lingua comune ed illustre; ma ciò non toglie ch’ei sia pur sempre mero dialetto; e un dialetto, per copioso ch’ei sia e nobile e gentile, non può arro-