Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.2.djvu/280

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riti, la morte, li vizj, e tutti li nemici di Dio, e fatto la più bella e ricca preda dell’anime, per tanti secoli state già in si misera servitù, che mai si facesse o potesse fare. È ben vero che vi lasciò la vita, ma questo rende più mirabile il suo trionfo e la sua gloria. Però essendo si divino capitano, V. E. non si ha da vergognare, anzi da onorare d’essere nel numero delli suoi valorosi cavalieri, massime che le palme, corone, vittorie, trofei e trionfi delli suoi soldati senza comparazione sono più gloriosi che quelli del mondo. E si ricordi che prima, cioè nel sacro battesimo, fu ascritto alla milizia di Cristo, che a quella di Cesare; e mancar di fede a Cristo è cosa’ tanto più vile, quanto che Cristo, degli altri signori è più ricco, liberale, potente, pio, santo, giusto e pieno d’amore: e siccome furono empie quelle parole della turba, Non abbiamo altro re che Cesare, così divine quelle di Cristo, Rendasi quello ch’è debito a Cesare, ma non si manchi a Dio. Ed ora tanto più, quanto non si serve, anzi si disserve a Cesare ogni volta che s’ingiurasse Dio, dal favor del quale pendono gl’imperj e monarchie del mondo. Questo ho scritto, non perchè io non pensi che V. E. abbia sempre l’occhio aperto all’onor di Dio, siccome son costretto a credere e dalle vostre virtù, e dall’amor ch’io vi porto: ma vi veggo nelle altezze del mondo, dove li venti impetuosi delli rispetti umani sono potentissimi; talchè bisogna esser perfettissimi per vincere. Però l’impresa è conveniente alla grandezza e nobiltà dell’animo vostro. Gli altri vostri amici faranno festa, e magnificheranno le vostre vittorie del mondo: ed io, quando vincerete voi stesso, e non avrete per idolo il rispetto del mondo, anzi per grandezza di spirito gli sarete superiore, e non servirete al mondo, ma ve ne servirete in onore di Dio».

Terminata la quaresima, a Verona raccolse alquanti Cappuccini della provincia veneta, ai quali insinuò errori, poi prese a spiegare le Epistole di san Paolo; e tra gli altri, corruppe frà Bartolomeo da Cuneo, guardiano in quel convento, che divenne eretico. Essendo generale de’ Cappuccini, avea promesso a frate Angelo da Siena di fabbricare il loro convento con un lusso disdicevole alla professata povertà; onde i pii credettero che quel che seguì fosse castigo di Dio per questa vanità. Certo le anime pie già n’erano sgomente, e san Gaetano Tiene gli fece interdire la predicazione in Roma. Angelica Negri di Gallarate, saviissima donna, le cui lettere si leggevano ne’