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viaggio al centro della terra 103

sotterranee; da lì a un momento vi attingemmo la nostra prima sorsata.

Ah! quale godimento! quale incomparabile voluttà! Che cos’era quest’acqua? d’onde veniva? Poco importava; era acqua, e benchè ancora calda, rianimava la vita che stava per sfuggire. Io beveva senza posa, senza nemmeno gustare, e non fu che dopo un minuto di tanto diletto, che esclamai:

«Ma è acqua ferrugginosa!

— Eccellente per lo stomaco, replicò mio zio, poichè è molto mineralizzata! Ecco un viaggio che ne varrà tanto com’essere andati a Spa o a Toeplitz.

— Com’è buona!

— Lo credo io! acqua attinta a due leghe sotto terra! ha un sapore d’inchiostro non punte disaggradevole. Il gran conforto che ne ha procurato Hans! io propongo di dare il suo nome a questo ruscello salutare.

— Benissimo!» esclamai.

E il nome di Hans Bach fu subito adottato.

Hans non ne fu già più orgoglioso, e dopo essersi moderatamente rinfrescato, si rincantucciò in un angolo colla sua calma abituale.

«Ora, diss’io, non bisognerebbe lasciar perdere que- st’acqua.

— A qual pro? rispose lo zio; immagino che la sorgente sarà perenne.

— Che monta! riempiamo l’otre e la fiaschetta; poi cercheremo di otturare l’apertura.»

Il mio consiglio fu seguito; Hans, per mezzo di scaglie di granito e di stoppa, tentò di chiudere l’apertura fatta nella parete; ma non fu cosa facile e si scottava le mani senza riuscirvi.

La pressione era troppo violenta ed i nostri sforzi rimanevano infruttuosi.

«È evidente, diss’io, che gli strati superiori del corso d’acqua sono posti a grand’altezza a giudicare dalla forza del getto.

— Non v’ha dubbio di sorta, replicò mio zio. Se la colonna d’acqua ha trentaduemila piedi d’altezza, vi hanno mille atmosfere di pressione. Ma mi viene un’idea.

— Quale?

— Perchè ostinarci a chiudere questa apertura?

— Ma perchè...»

Io sarei stato imbarazzato a trovare una ragione.