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120 viaggio al centro della terra


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«Sei tu pronto?»

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«Sì.»

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«Ebbene, fa attenzione, che io pronuncierò il tuo nome.»

Appoggiai l’orecchio alla parete, e appena udii la parola «Axel», tosto ripetei «Axel»; poi aspettai.

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«Quaranta secondi, disse allora mio zio; sono passati quaranta secondi fra le due parole; il suono impiega adunque venti secondi da te fino a me; ora a mille e venti piedi per secondo fa venti mila e quattrocento piedi, vale a dire una lega e mezza, più un ottavo.»

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«Una lega e mezza!» mormorai.

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«Non è difficile percorrerla, Axel!»

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«Ma bisogna salire o discendere?»

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«Discendere, ed ecco perchè, Noi siamo arrivati a un vasto spazio, a cui fan capo gran numero di gallerie; quella che tu hai seguito deve guidarti fino a noi, poichè pare che tutti questi crepacci, queste fratture del globo siano come altrettanti raggi che partano dall’immensa caverna che noi occupiamo. Risollevati dunque e rimettiti in cammino; trascinati, se fa bisogno, lasciati andare giù per le rapide balze, e troverai le nostre braccia per riceverti. In cammino fanciullo mio, in cammino!»

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Queste parole mi rianimarono.

«Addio zio, esclamai, io parto! Le nostre voci non potranno più comunicare fra loro non appena avrò lasciato questo luogo. Addio dunque.»

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«Arrivederci, Axel, arrivederci.»

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Tali furono le ultime parole che udii. La meravigliosa conversazione, fatta attraverso la massa terrestre a oltre