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viaggio al centro della terra | 141 |
percorso una strada tre volte più lunga, e le spiaggie del sud non apparivano ancora.
«Noi non discendiamo! ripigliò a dire il professore, tutto questo è tempo perduto, ed io non sono già venuto così lontano per fare una gita di piacere sopra uno stagno.»
Egli chiama questa traversata una gita di piacere, e questo mare uno stagno!
«Ma, diss’io, poichè abbiam seguito la strada indicata da Saknussemm...
— Quest’è il quesito: abbiam noi seguito la sua strada? Saknussemm ha egli incontrato questa distesa d’acqua, e l’ha egli attraversata? Il ruscello che abbiamo preso per guida, non ci ha forse sviati del tutto?
— In ogni caso non possiamo dolerci d’esser venuti fin qui: lo spettacolo è magnifico e...
— Non si tratta già di vedere; io mi sono proposto uno scopo e voglio raggiungerlo; non mi parlare d’ammirazione.»
Me l’ho per detto, e lascio che il professore si morda le labbra d’impazienza; alle sei pomeridiane Hans vuole la sua paga, ed i tre risdalleri gli sono contati.
Domenica, 16 agosto. — Nulla di nuovo, tempo uguale, il vento tende lievemente a frescare; nel ridestarmi mia prima cura è di accertare l’intensità della luce; temo sempre che il fenomeno elettrico non si oscuri e si spenga. Ma non è così. L’ombra della zattera si disegna nettamente alla superficie dei flutti. Davvero questo mare è senza confini! deve avere la larghezza del Mediterraneo, se pure non ha quella dell’Atlantico: e perchè no? Mio zio getta lo scandaglio più volte; attacca uno dei picconi più pesanti all’estremità di una corda che lascia scorrere per dugento braccia; non tocca fondo, e duriamo gran fatica a ritrarre lo scandaglio.
Quando il piccone è risalito a bordo, Hans mi fa notare sulla sua superficie alcune impronte profonde; si direbbe che il pezzo d: ferro sia stato stretto vigorosamente fra due corpi duri. Guardo il volto del cacciatore.
«Tänder!» dice egli.
Io non capisco e mi volto verso mio zio, il quale è tutto assorto nelle sue riflessioni. Non vo’ disturbarlo, e ritorno verso l’Islandese; costui aprendo e chiudendo più volte la bocca mi fa comprendere il suo pensiero.
«Denti!» dico con stupore esaminando più attento la sbarra di ferro.