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168 viaggio al centro della terra


Dopo un miglio di cammino apparve il limite d’una immensa foresta ma non più uno di quei boschi di funghi che esistevano vicino a porto Graüben.

Era la vegetazione dell’epoca terziaria in tutta la sua magnificenza. Alti palmizi di specie scomparse oggidì, superbe palmaciti, pini, cipressi, tassi, tuie, rappresentavano la famiglia delle conifere e si legavano fra di loro con una rete di liane inestricabili, Un tappeto di muschi e di epatiche rivestiva mollemente il suolo.

Alcuni ruscelli mormoravano al piede di codeste piante che quasi non producevano ombra. Sulle loro rive crescevano felci arboree simile a quelle delle serre calde del globo abitato. Senonchè, questi alberi, questi arbusti, queste piante, prive del calore vivificante del sole, erano scoloriti. Tutto si confondeva in una tinta uniforme, grigiastra e come, appassita. Le foglie erano sprovvedute, del loro verde e gli stessi fiori, in così gran numero nell’epoca terziaria che li vide nascere, allora senza colori e senza profumi sembravano fatti di carta scolorita sotto l’azione dell’atmosfera.

Mio zio si avventurò sotto quelle macchie gigantesche ed io lo seguii non senza una certa apprensione. Poichè la natura aveva fatto quivi le spese d’un’alimentazione vegetale, perchè mai non vi sarebbero ancora gli spaventevoli mammiferi? Io vedeva attraverso larghi spazi scoperti che lasciavano gli alberi abbattuti erosi dal tempo, le leguminose, le acerine, le robiacee, e mille arboscelli commestibili, cari ai ruminanti d’ogni tempo. Poi apparivano, confusi e mescolati, gli alberi delle contrade così diverse della superficie del globo; la quercia cresceva presso alla palma, l’eucalipto dell’Australia si appoggiava al pino della Norvegia, la betulla del Nord intrecciava i suoi rami con quelli del kauris zelandese. C’era da confondere la ragione dei più ingegnosi classificatori della botanica terrestre. D’un tratto m’arrestai e colla mano trattenni mio zio.

La luce diffusa permetteva di vedere. i minimi oggetti nelle profondità dei boschi; m’era parso di vedere... No! Realmente coi miei occhi io vedeva forme immense che si agitavano sotto gli alberi! Infatti erano animali giganteschi, un intero branco di mastodonti, non già fossili ma vivi, e simili a quelli i cui avanzi furono scoperti nel 1801 nelle paludi dell’Ohio! Vedevo questi grandi elefanti le cui trombe brulicavano sotto gli alberi come