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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/201

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viaggio al centro della terra 193

«Orsù! vorrai parlare sì o no? gridò mio zio vinto dalla collera e scuotendo il fanciullo per le orecchie: Che nome ha quest’isola?

— Stromboli,» rispose il pastorello che sfuggì dalle mani di Hans e guadagnò la pianura attraverso gli ulivi.

Non ci davamo più pensiero di lui. Lo Stromboli! quale effetto produsse sulla mia immaginazione questo nome inaspettato! Noi eravamo nel Mediterraneo, nel mezzo dell’arcipelago eolio di mitologica memoria, nell’antico Strongile, in cui Eolo teneva incatenati i venti e le tempeste. E le montagne azzurre che si arrotondavano al levante erano le montagne della Calabria, e quel vulcano che si rizzava all’orizzonte verso il sud era l’Etna, proprio il fiero Etna!

«Stromboli, Stromboli!» ripetevo.

Mio zio mi accompagnava co’ gesti e colle parole; avevamo l’aria di cantare in coro.

Ah! qual viaggio, qual maraviglioso viaggio! Entrati da un vulcano, eravamo usciti da un altro, e questo era posto a più di mille dugento leghe dallo Sneffels, da quell’arido paese dell’Islanda, posto ai confini del mondo! Le vicende della spedizione ci avevano trasportato in seno alle più armoniose contrade della terra. Avevamo lasciato le regioni delle nevi eterne per quelle verdure senza fine, e lasciato al disopra delle nostre teste le grigie nebbie delle zone agghiacciate per venire al cielo azzurro della Sicilia. Dopo un pasto delizioso, composto di frutta e d’acqua fresca, ci rimettemmo in cammino per guadagnare il porto di Stromboli. Non ci parve cosa prudente dire in che modo fossimo arrivati nell’isola. Lo spirito superstizioso degli Italiani avrebbe certo visto in noi demoni vomitati dall’inferno; bisognò dunque rassegnarsi a passare per umili naufraghi. Era meno glorioso ma più sicuro.

Cammin facendo, intesi mio zio mormorare:

«Ma la bussola la bussola che marcava il nord! Co-me spiegare questo fatto?

— In fede mia, diss’io disdegnosamente, non bisogna spiegarlo; è più facile.

— Questo poi! Un professore dell’Johannaeum, che non trovasse la ragione di un fenomeno cosmico sareb-be, sarebbe una vergogna!»

Così parlando, mio zio, seminudo, colla sua borsa di cuojo attorno alle reni, appuntando gli occhiali al naso, ridivenne il terribile professore di mineralogia.