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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/31

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viaggio al centro della terra 23


Durante il pasto, mio zio fu quasi allegro: gli venivan fuori di quelle facezie da uomo dotto che non sono mai molto pericolose. Dopo le frutta mi fe’ segno di seguirlo nel suo gabinetto.

Obbedii. Egli sedette ad un’estremità del suo scrittoio, io all’altra.

«Axel, disse egli con voce dolce, tu sei un giovinotto ingegnosissimo; tu m’hai reso un gran servizio appunto quando, stanco di lottare, stavo per abbandonare questa combinazione. Dove mi sarei smarrito? Nessuno può saperlo. Io non dimenticherò mai ciò, giovinotto mio, e della gloria che noi stiamo per conquistare tu avrai la tua parte.

— Orsù! pensai, egli è di buon umore è giunto il momento di discutere questa gloria.

— Prima di tutto, ripigliò mio zio, ti raccomando un segreto assoluto. Tu mi capisci; pur troppo ho degl’invidiosi nel mondo degli scienziati, e molti vorrebbero intraprendere siffatto viaggio, che non ne sapranno nulla fino al nostro ritorno.

— Credete voi, diss’io, che il numero di questi audaci sia così grande?

— Certamente! chi esiterebbe a conquistare tal rinomanza? Se questo documento fosse conosciuto, un intero esercito di geologi si precipiterebbe sulle traccie di Arne Saknussemm.

— Ecco appunto ciò di cui io non sono persuaso, perchè nulla prova l’autenticità del documento.

— Come! e il libro nel quale l’abbiamo scoperto?

— Sì, concedo che codesto Saknussemm abbia scritto queste linee: ma ne deriva egli che abbia realmente compiuto tal viaggio? E la vecchia pergamena non può forse contenere una mistificazione?»

Quest’ultima parola un po’ avventata io era quasi dolente di averla proferita. Il professore aggrottò le folte sopracciglia ed io temetti d’aver compromesso il seguito della conversazione. Per buona sorte, non avvenne così.

Il mio severo interlocutore lasciò apparire sulle labbra una specie di sorriso, e rispose:

«È ciò che noi vedremo.

— Ah! osservai un po’ irritato, permettetemi di finire la serie delle obbiezioni relative al documento.

— Parla, giovinotto mio, non darti soggezione. Io ti lascio libertà intera di esprimere la tua opinione; tu non sei più mio nipote, ma mio collega, Però di’ pure.