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Pagina:Jules Verne - Viaggio al centro della Terra, Milano, Treves, 1874.djvu/45

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viaggio al centro della terra 37

ravigliato di simile stretta, egli che trovava semplicissimo di andare in Islanda: era il suo mestiere. Ma mio zio lo trovava sublime. Il degno capitano approfittò di tale entusiasmo per farci pagare doppio il passaggio sul suo bastimento, cosa a cui non guardammo tanto pel sottile.

«Trovatevi a bordo martedì, alle sette del mattino,» disse il signor Bjurne dopo aver intascato un numero rispettabile di dollari.

Ringraziammo allora il signor Thomson delle sue gentili cure e ritornammo all’albergo della Fenice.

«Va benone! va benone! ripeteva mio zio. Qual felice combinazione di aver trovato questo bastimento pronto a partire! Ora facciamo colazione ed andiamo a visitare la città.»

Ci recammo a Kongens-Nye-Torw, piazza irregolare dove trovasi un posto con due innocenti cannoni che non fanno paura a nessuno. Lì presso, al N. 5, vi era una restauration francese, condotta da un cuoco chiamato Vincent; vi facemmo una buona colazione per prezzo mederato di quattro marx a testa1.

Poi gustai una gioia infantile nel percorrere la città; mio zio si lasciava menare; peraltro egli non vide nulla, nè il meschino palazzo del re, nè il bel ponte del diciasettesimo secolo che scavalca il canale dinanzi al Museo, nè l’immenso cenotafio di Torwaldsen, adorno di pitture murali orribili e che contiene all’intorno le opere di questo statuario, nè nel mezzo d’un bel parco, il castello bomboniera di Rosenborg, nè l’ammirabile edifizio di stile del rinascimento della Borsa, nè il suo campanile fatto colle code intrecciate di quattro draghi di bronzo, nè i gran mulini dei bastioni, le cui larghe ale si gonfiavano come le vele d’una nave al vento di mare.

Quali deliziose passeggiate avremmo fatto, la mia bella Virlandese ed io, dal lato del porto in cui le fregate e i bastimenti a due ponti dormivano tranquillamente sotto la loro rossa copertura, sulle spiaggie verdeggianti dello stretto, attraverso le fitte ombre in mezzo alle quali sì nasconde la cittadella, i cui cannoni allungano la loro gola nera fra i rami del sambuco e dei salici!

Ma ohimè, essa era lungi, la mia povera Graüben; a poteva io sperare di rivederla?

  1. L. 2.75 circa.