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62 viaggio al centro della terra

che Hans non avesse tempo di salutarla col consueto sœllvertu.

«Spetelsk, diceva egli.

— Un lebbroso!» ripeteva mio zio.

Questa sola parola produceva un effetto ripulsivo. La lebbra è comune in Islanda; non è contagiosa, ma ereditaria; però il matrimonio a codesti miserabili è proibito.

Queste apparizioni non erano di tal natura da rallegrare il paesaggio che s’andava facendo profondamente triste. Gli ultimi ciuffi d’erba morivano sotto i nostri piedi, non un albero, tranne alcune betulle nane, simili a prunaie; non un animale, fuorchè qualche cavallo errante sulle cupe pianure in mancanza d’un padrone che potesse nutrirlo, Talvolta un falco si librava nelle nuvole dirigendosi verso le contrade del sud. Io mi abbandonava alla melanconia di questa natura selvaggia e i miei ricordi mi riconducevano al mio paese natale.

Ci toccò presto attraversare molti piccoli fjords di nessuna importanza, e finalmente un vero golfo; la marea che allora era nella condizione richiesta ci permise di passare senza indugio e di giungere al casale di Halftanes, posto un miglio al di là.

Alla sera dopo aver passato a guado due fiumi ricchi di trote e di lucci, l’Alfa e l’Heta, fummo obbligati a passar la notte in un casolare abbandonato, degno di essere praticato da tutti i folletti della mitologia scandinava; certo il genio del freddo vi aveva posto il suo domicilio e ne fece delle sue durante tutta la notte.

Il giorno seguente non avvenne nulla di particolare; sempre lo stesso terreno pantanoso, la stessa uniformità, la stessa fisonomia assai triste. Alla sera avevamo percorso la metà della distanza e dormimmo nell’annexia di Krösolbt.

Il 19 giugno, durante un miglio all’incirca, attraversammo un terreno di lava. Questa disposizione del suolo è detta hraun nel paese; la lava, rugosa alla superficie, aveva forma di gomene ora allungate, ora arrotolate intorno a sè stesse; un immenso rivone scendeva dalle montagne vicine, al presente vulcani spenti; ma di cui codesti avanzi attestavano la violenza d’un tempo.

Alcuni vapori di sorgenti calde si levavano tuttavia qua e là, ma il tempo ci mancava per osservare tali fenomeni; conveniva tirare innanzi.

Presto il terreno pantanoso riapparve sotto i piedi