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viaggio al centro della terra 71

sto caso noi ci aiutavamo a vicenda coi nostri bastoni. Devo dire che mio zio si teneva vicino a me quanto più gli era possibile, che non mi perdeva di vista e che in molte occasioni il suo braccio mi offrì un valido sostegno. Per parte sua egli aveva senza dubbio il sentimento innato dell’equilibrio e non barcollava mai. Gli Islandesi, benchè carichi dei bagagli, s’arrampicavano con un’agilità da montanari.

A vedere l’altezza della cima dello Sneffels, mi pareva impossibile che si potesse raggiungerla da questa parte, se l’angolo d’inclinazione delle erte non si arrestava. Per buona sorte, dopo un’ora di fatiche e di prodigi di forza, in mezzo al vasto tappeto di neve che si stendeva sulla groppa del vulcano, ci si aprì dinanzi all’improvviso una specie di scalinata la quale rese più facile la nostra ascensione. Era formata da uno di quei torrenti di pietre rovesciati dalle eruzioni, chiamati in Islandese stinâ. Se questo torrente non fosse stato arrestato nella sua caduta dalla disposizione dei fianchi della montagna, si sarebbe precipitato nel mare e vi avrebbe formato isole nuove.

Tal qual’era, ci servì a meraviglia. La ripidità delle erte cresceva, ma i gradini di pietra permettevano di salirle facilmente e così presto che, essendomi rimasto un momento indietro mentre i miei compagni continuavano la loro ascensione, io li vidi ridotti dalla lontananza ad apparenze microscopiche.

Alle sette di sera avevamo salito i duemila gradini della scalinata, a dominavamo una gobba della montagna, specie di base sulla quale si appoggiava il cono propriamente detto del cratere.

Il mare si stendeva sotto di noi ad una profondità di tremila dugento piedi. Avevamo oltrepassato il limite delle nevi perpetue, poco alte in Islanda in causa dell’umidità costante del clima. Faceva un freddo vivo e il vento soffiava con violenza. Ero sfinito di forze. Il professore si avvide che le mie gambe si ribellavano ad ogni ufficio, e non ostante la sua impazienza deliberò di fermarsi.

Fece dunque un segno al cacciatore il quale tentennò il capo dicendo:

«Ofvanför.

— Pare che bisogna andar più su, disse mio zio.»

Poi chiese ad Hans il motivo della sua risposta.

«Mistour, rispose la guida.