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72 viaggio al centro della terra


Ja, mistour, ripetè uno degl’Islandesi con accento spaventato.

— Che cosa significa questa parola? domandai inquieto.

— Guarda,» disse mio zio.

Volsi gli occhi alla pianura; un’immensa colonna di pietra pomice polverizzata, di sabbia e di polvere si elevava turbinando come una tromba, e il vento la spingeva contro il fianco dello Sneffels, al quale noi eravamo abbrancati. Questa cortina opaca stesa innanzi al sole, gettava una immensa ombra sulla montagna; se la tromba s’inclinava, doveva inevitabilmente involgerci nei suoi turbini.

Tale fenomeno, frequente quando soffia il vento dei ghiacciai, piglia in Islandese il nome di mistour.

«Hastigt! hastigt!» gridò la nostra guida.

Senza intendere il danese compresi che dovevamo seguire Hans al più presto. Costui incominciò a girare intorno al cono del cratere, ma di sbieco, per modo di facilitare la strada. Non andò molto che la tromba si rovesciò contro la montagna, la quale tremò all’urto. Le pietre involte nelle spire del vento volarono in pioggia, come avviene nelle eruzioni. Noi eravamo per buona sorte sul versante opposto e al riparo d’ogni pericolo; ma se non era la precauzione della guida, i nostri corpi lacerati e ridotti in polvere sarebbero caduti assai lontano, come il prodotto di qualche meteora sconosciuta. Tuttavia Hans non giudicò cosa prudente passar la notte sui fianchi del cono e continuammo la nostra ascensione a zigz-ag. I millecinquecento piedi che ne restavano a superare richiesero circa cinque ore; i giri, gli sbiechi e le contromarcie non misuravano meno di tre leghe. Io non ne poteva più: soccombeva al freddo ed alla fame, e l’aria alquanto rarefatta non bastava più ai miei polmoni. Alla fine, alle undici di sera, in fitta notte, raggiungemmo il vertice dello Sneffels, e prima di andare a pormi al riparo nell’interno del cratere, ebbi il tempo di vedere «il sole di mezzanotte», nel punto più basso della sua carriera, gettare i suoi pallidi raggi sull’isola addormentata ai miei piedi.