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74 viaggio al centro della terra

ricondotto al sentimento della realtà dall’arrivo del professore e di Hans, i quali mi raggiunsero alla sommità del picco.

Mio zio, volgendosi verso l’ovest, m’indicò colla mano un leggiero vapore, una nebbia, un’apparenza di terra che sorgeva sulla superficie dei flutti.

«La Groenlandia, diss’egli.

— La Groenlandia? esclamai io.

— Sì, ne siamo lontani appena trentacinque leghe, e durante lo sgelo, gli orsi bianchi si spingono fino all’Islanda portati dai ghiaccioni del nord. Ma ciò importa poco. Noi siamo al vertice dello Sneffels; ecco due picchi, l’uno al sud, l’altro al nord; Hans ne dirà con qual nome gl’Islandesi chiamano quello su cui ci troviamo.»

Formulata la domanda, il cacciatore rispose;

«Scartaris

Mio zio mi gettò uno sguardo di trionfo.

«Al cratere!» diss’egli.

Il cratere dello Sneffels raffigurava un cono capovolto il cui orifizio poteva avere mezza lega di diametro, ed io lo stimava profondo duemila piedi all’incirca. Si giudichi dello stato di simile recipiente quando si riempiva di folgori e di fiamme. Il fondo dell’imbuto non doveva misurare più di cinquecento piedi di circuito, in guisa che vi si poteva giungere facilmente lungo un pendio dolcissimo. Senza volerlo, paragonavo questo cratere a un enorme trombone, e l’idea mi spaventava.

«Discendere in un trombone, pensavo, mentre gli è forse carico e può partire il colpo al menomo urto, è cosa da pazzi.»

Ma non era più possibile dare indietro; Hans indifferente nell’aspetto procedette innanzi ed io lo seguii senza dir parola.

Affine di agevolare la discesa Hans descriveva nell’interno del cono delle ellissi molto allungate; era duopo camminare in mezzo a roccie eruttive, talune delle quali scosse nei loro alveoli si precipitavano rimbalzando sino al fondo dell’abisso. La loro caduta risvegliava ripercussioni di echi stranamente sonori.

Certe parti del cono formavano ghiacciai interni; in questi casi Hans si avanzava con estrema precauzione, scandagliando il terreno col bastone ferrato per scoprirne i crepacci, e a certi passi pericolosi fu necessario legarci con una lunga corda affinchè quello a cui venisse a man