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viaggio al centro della terra 79


— In qual modo? domandai tutto sorpreso.

— Lo vedrai.»

Mio zio adoperava volentieri i grandi mezzi senza esitare. A un suo ordine, Hans riunì in un solo pacco gli oggetti non fragili, li legò solidamente e li precipitò come la cosa più naturale, nell’abisso.

Udii quel muggito sonoro, prodotto dagli spostamenti degli strati dell’aria: mio zio, inchinato sulla bocca, seguiva con occhio soddisfatto la discesa de’ suoi bagagli e non si rilevò prima di averli perduti di vista.

«Bene, diss’egli. A noi ora.»

Io domando a qualunque uomo di buona fede se fosse possibile udire tali parole senza fremere!

Il professore si legò sul dorso il pacco degli strumenti; Hans, quello degli utensili; io quello delle armi. La discesa cominciò nell’ordine seguente: Hans, mio zio, ed io. Il silenzio profondo era solo turbato dalla caduta dei frammenti di roccia che si precipitavano nell’abisso.

Io mi lasciai calare, per così dire, stringendo freneticamente con una mano la doppia corda e coll’altra appoggiandomi al mio bastone ferrato. Non avevo che un pensiero: il timore che il punto d’appoggio mi venisse meno. La corda mi pareva assai debole per sostenere il peso di tre persone, e me ne servivo il meno possibile facendo miracoli di equilibrio, sopra le sporgenze di lava che il mio piede cercava di afferrare come una mano.

Se avveniva che uno di quei gradini sdrucciolevoli si distaccasse sotto i passi di Hans, egli diceva colla sua tranquilla voce:

«Gif akt!

— Attenzione,» ripeteva mio zio.

Dopo una mezz’ora eravamo arrivati alla superficie di una roccia fortemente incassata nelle pareti della gola.

Hans tirò la corda per uno dei capi; l’altro si elevò nell’aria e dopo di aver passato la roccia superiore, ricadde tirandosi dietro pezzi di pietra e di lava, specie di pioggia, o dirò meglio, di grandine molto pericolosa.

Inchinandomi al di sopra del nostro stretto poggio notai che il fondo dell’abisso era ancora invisibile.

La manovra della corda ricominciò, e in capo d’una mezz’ora avevamo percorso una nuova profondità di dugento piedi.

Io non so se il più arrabbiato geologo avesse potuto studiare, durante la discesa, la natura dei terreni che